FRANCESCO PAOLO TOSTI
La figura di Francesco Paolo Tosti (Ortona,1846 – Roma,1916) ancorché oltremodo originale nel panorama ottonovecentesco dei musicisti italiani, si è andata rivelando, a mano a mano che uno studio scientifico e sistematico, promosso dall’Istituto Nazionale Tostiano di Ortona ne svelasse le qualità creative, come quella di una dei maggiori musicisti europei del suo tempo. Un corpus straordinario qualitativamente e quantitativamente di composizioni di musica vocale da camera (oltre 400 titoli in italiano, inglese, francese, napoletano e abruzzese), che ne fanno il maggior esponente italiano del genere e l’unico assimilabile agli Schubert, agli Schumann, ai Fauré, ai Debussy, è oggi raccolto in 14 volumi editi dalla Casa Ricordi e dall’Istituto Tostiano. Un’opera omnia che ha avuto un successo planetario fino all’Estremo Oriente dove si tiene ormai un concorso di canto dedicato interamente al repertorio tostiano a dimensione panasiatica che si svolge a Nara, antica capitale del Giappone. Romanze, songs, chansons, canzoni che per sempre rinnovata invenzione melodica, rigorosa struttura tecnica dei diversi elementi compositivi, perfetta aderenza della musica al testo sono uscite indenni dall’attacco del tempo e delle mode, ed entrano prepotentemente nelle sale di concerto e in quelle di incisione discografica. Ma si parlava di originalità. Tale caratteristica non fu per Tosti una posa artistica o una ricerca di distinzione: un carattere mite, ma fermo, e un successo ottenuto già al di sotto dei 30 anni le avrebbero rese superflue. La sua originalità risiedé nell’essere stato un musicista atipico per i suoi tempi: non scrisse nemmeno una battuta di un’opera lirica, ad esempio. E quale musicista italiano del tempo, fosse pure il capomusica di uno sperduto reggimento, non aveva ceduto al fascino del palcoscenico? Tosti no, un po’ forse per restare alla pari, pur se su campi diversi, coi Puccini, i Mascagni, i Leoncavallo e persino con Verdi (come testimoniano lettere e altri documenti), ancor di più per dedicarsi toto corde alla sua attività, si astenne da una possibile gloria che l’avrebbe portato al confronto o alla concorrenza coi citati colleghi. Il fatto è che Tosti racchiudeva in sé molti modi di “servire” la musica: fu compositore, fu il più celebre insegnante di canto dei suoi tempi (e ce lo testimonia Verdi in una lettera al direttore d’orchestra tedesco Hiller), fu un organizzatore musicale di alto livello se divenne il direttore artistico della vita musicale della corte britannica sotto tre sovrani (la regina Vittoria, re Edoardo VII e re Giorgio V), fu un esperto di marketing editoriale se il caro amico e fratello Giulio Ricordi lo volle come supervisore della filiale londinese di Casa Ricordi, in quegli anni fiorentissima e quasi importante come la casa madre di Milano. Per quasi trent’anni, dal 1875 al 1913, fu tutto questo a Londra divenendo una delle più significative figure della musica britannica e meritando il titolo “Sir”nel 1908. Non fu per questo lontano dall’Italia che visitava annualmente per doveri professionali e per le marine intellettualità che si respiravano nel Convento di Francavilla a casa del pittore F. P. Michetti, con d’Annunzio, la Duse, la Serao, Giulio Aristide Sartorio, Salvatore Di Giacomo e tanti intellettuali dell’Italia umbertina che avevano fatto del piccolo borgo sull’Adriatico un cenacolo, d’arte, cultura e qualche sregolatezza. Poi Tosti se ne tornava nella routine senza tregua di Londra dove dava lezioni a nobili, borghesi e studenti di canto fino a diventare professore della Royal Academy of Music. Fra gli aristocratici c’era tutta la famiglia reale a cominciare dalla stessa regina Vittoria che menziona frequentemente le lezioni di Tosti ai suoi figli nei diari segreti. E così, crescendo quei rampolli, Tosti poté dire di aver collezionato nelle sue lezioni due sovrani d’Inghilterra (escluso Edoardo VII che alle lezioni di Tosti preferiva il canto delle soubrette …), la regina di Spagna e quelle di Norvegia, Svezia e Romania, oltre la sfortunata Alessandra moglie dello zar Nicola II. Ma col nostro studiavano e si esibivano grandi cantanti come Caruso, i baritoni Antonio Scotti e Victor Maurel, i soprani Nellie Melba e Luisa Tetrazzini. E intanto componeva facendo la gioia sua e dei suoi editori Ricordi,Chappell e Enoch: una vita senza posa cui si aggiungevano le serate a corte o presso le maggiori famiglie britanniche dove accompagnava al pianoforte e cantava egli stesso con graziosa voce di tenore.
Fu uomo di grande charme artistico e umano, dal 1889 sostenuto da una donna di straordinarie qualità che era stata assistente, giovanissima, di Lesseps durante i lavori per il canale di Suez.Lady Berthe Tosti deVerrue fu moglie perfetta specialmente nell’aiutare il musicista nel muoversi in un mondo rutilante ma complesso e, diremmo oggi, stressante. Tosti che nel suo sigillo, conservato tra altre memorabilia nel Museo dell’Istituto ad Ortona, aveva impresso il motto Vivi e lascia vivere ebbe la forza fisica e intellettuale di vivere trent’anni a ritmi di lavoro serratissimi, come già ricordato, guadagnandosi nel 1908 il titolo di «Sir» unico musicista italiano.
Francesco Sanvitale